Jerry Thomas Project

Jerry_ThomasBasta dire Jerry Thomas Project per partire; un viaggio spazio-temporale che ci riporta direttamente a New York, in America, negli anni ’20, in pieno periodo Proibizionista.

Un Vicolo quasi buio, nel quale incuriosisce un portone nero. Senza insegne, solo un citofono. Una volta dentro tatuaggi molti, bottiglie troppe, ma spazio poco. Un posto in cui musica e luci portano indietro la lancetta. Benvenuti nell’ America del proibizionismo, quella del “Old School”, quella del Jerry Thomas.

I menù quasi superflui. Accade che ci si lasci trasportare da ragazzi che si trovano lì per vocazione; chiedono e analizzano gusti e preferenze per poi spiegarti gli equilibri, perché al Jerry Thomas non si tratta di cocktail ma di sapori.

Il drink è un equilibrio; un equilibrio estetico ed intellettuale di sapori ed emozioni, in cui tutto affascina ed incuriosisce: dal suggestivo modo di agitare lo shaker, alle bottiglie utilizzate, agli strani atteggiamenti di bartender, sempre rigorosamente barbuti e tatuati.

L’equilibrio che ho deciso di raccontarvi è quello del drink che ha scelto Gianluca, il Margarita 238, una rivisitazione del classico e celeberrimo cocktail a base di Tequila, al quale viene apportata un pizzico di intensità con il contributo del liquore al chinotto, ne risulta una sensazione avvolgente, non spigolosa come la versione più commerciale conosciuta da tutti. La crusta (il sale sul bordo del bicchiere) è una chicca, copre solo una parte, per lasciare al cliente la scelta.

Jerry Thomas Project, c’è poco da dire, dovrebbe essere una gita scolastica, qualcosa di obbligatorio, un accrescimento culturale necessario. L’unico problema è riuscire ad entrare.

Pierpaolo Bianco e Gianluca Bitelli

Salone del gusto e Terra Madre 2014

salonte del gusto 201427 ottobre 2014, ultimo giorno del Salone del gusto e terra madre 2014. Pensieri, ricordi ed emozioni di cinque giorni vissuti con intensità; vedendo, assaggiando e ascoltando le migliaia di storie che tutti questi piccoli produttori hanno deciso di portare a Torino.

Spiegare cosa è stato il Salone del gusto non è semplice, anzi molto difficile. Forse perché anche io arrivato alla fine di questo percorso mi sento molto più confuso di quando mercoledì scorso mi sono ritrovato alla cerimonia d’apertura di Terra Madre.

Una confusione sì, ma molto positiva; una confusione fatta di idee e di pensieri che fanno sperare in un futuro diverso. Ergo, spero di confondere anche voi.

Questo è stato il mio Salone:

Culture ed etnie che si incontrano, barriere culturali che vengono abbattute. L’orgoglio di gente che, con occhi lucidi, sfila fiera della sua tradizione. Le storie che ho ascoltato e tutte quelle che non sono riuscito a sentire. La scoperta di realtà e di luoghi di cui nessuno parla mai. Sorrisi veri di gente con gli stessi sogni. La condivisione di un patrimonio enogastronomico all’interno di una Comunità.

Arca del gusto, Slow wine, slow fish ed il lavoro allo stand UNISG. Gli eat-in, i drink-in, le conferenze e gli incontri fatti. Pensatori, chef, sommelier, produttori, pescatori, allevatori, ma soprattutto persone.                                                                                                                                                                                                                                                                                                             Un Un posto dove la volontà di un movimento mondiale chiamato Slow Food, di riunire tutti coloro che fanno parte della filiera alimentare e vogliono difendere l’agricoltura, la pesca e l’allevamento sostenibili, per preservare il gusto e la biodiversità del cibo, è diventata realtà.

27 ottobre 2014, ultimo giorno di quello che è stato, forse, il viaggio più grande che io abbia mai fatto senza mai muovermi da dove ero partito. Si perché il Salone è l’unione, in un unico grande luogo, di tutte le culture del mondo. Culture che non sono rappresentate da esponenti politici, ma da persone semplici che si riuniscono in un luogo per raccontare al mondo, la storia della loro cultura.

Gianluca Bitelli