Carlo Cracco – Una cucina in movimento.

carlo craccoStrano, strano perché diverso, ma diverso da cosa, diverso da quel personaggio televisivo che ti cattura, non per le sue doti in cucina ma per il suo essere così, così commerciale. Una sorpresa, una piacevole sorpresa conoscere un Cracco così, sorridente, disponibile e innamorato del suo mestiere.

Quella delle Tavole Accademiche è stata anche un’occasione per sentirlo parlare del passato e di quello che è stato il suo percorso lavorativo. La formazione in Veneto, l’arrivo a Milano nella cucina del grande maestro Gualtiero Marchesi, la volontà di dare uno sguardo al mondo con il viaggio in Francia, il passaggio per le cucine di Alain Ducasse e Lucas Carton, il ritorno in Italia, precisamente a Firenze e il raggiungimento delle 3 stelle Michelin come Chef dell’Enoteca Pinchiorri, il ritorno a Brescia dal “grande maestro”, ed infine l’apertura dei tre suoi locali (“Le Clivie”, il “Cracco” e “Carlo e Camilla in segheria”), che rappresentano quella necessità di creare un qualcosa, che rispecchiasse, in pieno, la sua filosofia.

Questa è la Storia di Cracco che mi piace, ed è questa la Storia che lui ha deciso di portare in questa settimana all’Università attraverso una cucina che si inserisce esattamente all’interno della sua concezione culinaria dei “sapori in movimento”. Tra i piatti proposti nell’arco della settimana, senza dubbio il “rognone trifolato con salsa al rafano” rappresenta perfettamente la sua identità, in cui pezzi di tradizione si inseriscono direttamente nel suo mondo gastronomico, dove l’analisi intellettuale della materia prima permette allo chef di conferire ai suoi piatti una profondità di sapori fuori dal comune.

Quella di Carlo Cracco è una Storia che mi sentivo in dovere di raccontare perché è la Storia di uno chef che nella cucina ha trovato la manifestazione creativa del suo genio, e che ancora oggi continua ad essere considerato l’avanguardia di questo settore. Uno chef che vede ancora nello stare in cucina la stessa magia che vedeva in quell’osteria vicentina alcuni anni fa.

Piccolo Inciso: 18,5/20 sulla guida dell’Espresso, 3 forchette dal Gambero Rosso e 2 stelle Michelin. Signori e signore: Carlo Cracco.

Gianluca Bitelli

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Giovanni Passerini

Agrodolce Da Roma per Parigi fino alle tavole accademiche di Pollenzo

In questi giorni nelle cucine dell’Università di Pollenzo a dirigere l’orchestra è lo chef Giovanni Passerini. Iniziato il suo percorso lavorativo tra i fornelli del bistrot romano “Uno e Bino”, decide di muovere il suo pensiero gastronomico verso la Francia. Passati alcuni anni tra le cucine di Alain Passard e di Pettern Nillson, il 25 febbraio del 2010 lo chef italiano decide di dare vita al “Rino”. Questo ristorante diventato punto di riferimento nel panorama dei “bistrot d’autore” della capitale francese, spegne i fornelli nel 2014, anno in cui lo chef decide di chiudere il locale. Con in mente qualche progetto per il suo nuovo ristorante ora è qui, tra i banchi dell’università di scienze gastronomiche, cercando come ha sempre fatto nel corso della sua carriera di cucinare con semplicità e immediatezza per noi studenti.

Tra i piatti proposti durante la settimana uno dei più intensi e geniali è stato, senza dubbio, l’uovo cotto (in guscio) a bassa temperatura con frattaglie di pollo. Questo piatto era composto da una base di verdure saltate, un uovo cotto a bassa temperatura e un brodo di pollo e frattaglie. In questa ricetta la grande abilità dello chef è stata proprio quella di creare un connubio perfetto di sapori, attraverso un bilanciamento perfetto di ingredienti, che già di per sé, hanno sapori molto intensi.

Quella di Giovanni Passerini è una storia che vale la pena raccontare, perché è la storia di un ragazzo che da autodidatta ha realizzato se stesso nella cucina, trovando, appunto, nella gastronomia quell’evasione creativa che aveva sempre tenuto nascosta. Una storia non ancora stellata, ma chi può dirlo…

 

Piccolo inciso: le tavole accademiche sono un progetto nato all’interno dell’università di Pollenzo per dare la possibilità a noi studenti sia di mangiare piatti d’autore durante la pausa, sia di entrare direttamente in contatto con persone che il mondo della gastronomia lo vivono quotidianamente. In questo modo il cibo non resta solo carburante ma diventa un momento fondamentale nella giornata dello studente, il quale oltre ad avere davanti un piatto cucinato da uno chef, ha anche davanti il pensiero di questo chef e la filosofia che si nasconde dietro alla sua cucina.

Gianluca Bitelli